Assegno di mantenimento: quando un figlio diventa economicamente autosufficiente
La Carta Costituzionale ed il Codice Civile pongono a carico di ambedue i genitori l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali. Tale obbligo non viene meno con la fine del rapporto coniugale o del rapporto di convivenza, neppure in caso di rinuncia di uno dei genitori in quanto titolare del diritto è figlio e non il singolo genitore cui viene versato l’assegno.
Nei procedimenti di separazione e divorzio, il giudice quindi dispone a carico del genitore non collocatario un assegno mensile finalizzato a coprire le spese ordinarie del figlio quali le spese scolastiche (non universitarie), vitto, abbigliamento, spese ricreative abitudinarie. Per la quantificazione dell’importo dell’assegno di mantenimento si tiene conto statisticamente di quello che è il reddito del genitore non collocatario e si assume come base di partenza un importo pari al 30% del reddito netto. Tale importo verrà poi diminuito in caso di collocamento paritario del minore presso i genitori o di circostanze fattuali concrete che impongono una variazione dello stesso.
Le spese straordinarie ossia quelle spese di carattere non ricorrente, come spese universitarie, attività ludiche e parascolastiche, spese sanitarie indifferibili di carattere urgente, invece gravano sui genitori in parti uguali o comunque in proporzione ai rispettivi redditi.
L’obbligo di mantenimento non è un obbligo perpetuo sine die, ma neppure cessa con il mero raggiungimento della maggiore età: per giurisprudenza unanime sul punto l’obbligo permane fino a che i figli non abbiano raggiunto una propria indipendenza ed autosufficienza economica, senza loro colpa.
Ciò vuol dire che non sono tutelate nel nostro ordinamento forme di “parassitismo” ed il genitore non sarà obbligato a mantenere il figlio maggiorenne che non voglia conseguire competenze professionali o che non cerchi lavoro, a meno che non sia giustificato da idonee ragioni (così chiarito dalla Cassazione con l’ordinanza n. 3426/2022). Tuttavia, spetta al figlio che abbia concluso il proprio percorso formativo dimostrare, con onere probatorio a suo carico, di essersi adoperato per rendersi autonomo economicamente. L’obbligo di mantenimento non è volto infatti a soddisfare l’esigenza di una vita dignitosa a cui un giovane adulto deve ambire. Infatti, a ciò sono diretti altri strumenti di ausilio, ormai di dimensione sociale, finalizzati a dare sostegno al reddito. Fermo restando che il figlio ha titolo per richiedere un assegno alimentare (art. 433 c.c.) a carico della famiglia qualora vi siano i presupposti.
Ma un figlio che ha conseguito competenze tecnico-specialistiche ed è avviato al lavoro, quando raggiunge la cosiddetta autosufficienza economica? Le attuali condizioni del mondo del lavoro infatti non permettono di garantire un ingresso rapido ed immediatamente gratificante a livello remunerativo. Si tratta di un argomento molto complesso e le sentenze pronunciate nei diversi tribunali italiani prendono in considerazione le concrete circostanze del caso. È intervenuta sul punto la giurisprudenza, la quale ha chiarito che in ogni caso può ritenersi raggiunta l’indipendenza economica quando il figlio maggiorenne lavora e percepisce un reddito adeguato alla sua professionalità (Cassazione, sentenza n. 18974/2013)
Avv. Sara Morsilli